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Antiedipo

Clara Monari; Simona Taccani

Interazioni n° 1 (1992)

Termine, concetto e nozione creato da P.C. Racamier nel 1975; negli anni ha visto un continuo sviluppo in parallelo all’approfondimento teorico-clinico dell’Autore. Designa “una costellazione psichica originale, che occupa un posto centrale in seno a conflitto delle origini, e che esercita nei confronti dell’Edipo una funzione tanto più complessa in quanto presenta due facce opposte: preludio, varco e contrappunto nei casi più favorevoli (i più discreti), ma invero antagonista poderoso nei casi avversi (che sono anche i più visibili)”.

Alcuni collegamenti del concetto di Antiedipo con la teoria e la ricerca psicoanalitica

  • La nascita
    Rank
  • La psicoanalisi del bambino
    M. Klein, D. Winnicott, S. Lebovici
  • La psicoanalisi dei “confini” (Limiti frontiere dell’Io)
    P. Federn, D. Anzieu (lo-pelle),
  • La psicosi e il narcisismo
    F. Pasche (interfaccia)
  • Il trattamento della famiglia
    S. Ferenczi, B. Grunberger, H. Kohut J.P. Caillot, G. Decherf, S. Taccani
  • La creatività primaria
    M. Balint, I. Macalpine
La parola Antiedipo condensa nella sua costruzione 2 significati:
anti (dal greco) = contro
ante (latino) = prima
raccoglie in sé ciò che è contro l’Edipo (nel senso di ciò che sul piano psichico contrasta o non può rientrare nel registro edipico, inteso in un certo senso come normativo) e ciò che viene prima dell’Edipo, (comunemente descritto come pre-genitale o pre-edipico). Costituisce a un tempo un avvicinamento all’Edipo, in quanto uscita dal rapporto di fascinazione della seduzione narcisistica(1), e al contempo una formidabile barriera difensiva. Antiedipo nega l’attrazione dell’oggetto, ne distrae, e in questo percorso arriva ben presto al diniego della differenza (dei sessi, delle generazioni, del Sé-Non Sé) giungendo nella sua più cruda e paradossale assolutezza a costituirsi, vivere, crescere, negando ogni coordinata vitale, in un assetto esclusivamente narcisistico e naggettuale. Sul versante clinico ci introduce nel territorio del funzionamento psicotico: dell’individuo (quando in modo artificiale lo si voglia considerare a sé stante), della/e famiglia/e, dei gruppi (piccoli e grandi), delle istituzioni.

Tra le caratteristiche la sua più emblematica è l’ambiguità: “la costellazione antedipica si trova alla congiunzione dell’oggettuale e del narcisistico, dell’individuale e del famigliare, della vita e della non vita”.
Vediamo ora come P.C. Racamier sviluppò il concetto, nelle sue linee fondamentali.

All’Edipo – come si è visto – è intrinseca la triangolazione, per definizione, e solo nel registro edipico è possibile l’organizzarsi della conflittualità, là dove si esprimono le differenze, e prende forma l’attrazione dell’oggetto, configurato come altro, nella sua identità compiuta.
Il cosiddetto male d’oggetto, invece, viene da P.C. Racamier definito come la sofferenza e l’incapacità di relazionarsi, di tollerare la tensione e il conflitto con l’oggetto.

All’Antiedipo Racamier fa corrispondere un ordine di conflitto che denomina conflitto delle origini (e ci si riferisce alle origini dell’io, le origini dell’oggetto, le origini del mondo ovvero della realtà). Il conflitto delle origini “ha la funzione di organizzare tra loro le tendenze contrarie alla differenziazione e alla indifferenziazione”.

La configurazione antedipica si specifica entro un regime di economia narcisistica, che possiamo caratterizzare come “appoggio”, e privilegia il contatto attraverso la superficie corporea (importanza della pelle, del contatto cutaneo), il respiro, lo sguardo.
Il suo ambito e il suo modo di propagazione e polarizzazione sono nella famiglia. Infine all’Antiedipo è dovuto, come suo erede, il sentimento dell’Io; mentre a un Antiedipo patologico corrisponde un’idea dell’io mostruosa (si pensi qui alle teorie dell’Ideale dell’Io).

Ma veniamo al fantasma centrale che ho citato dianzi, il fantasma di auto-generazione. Fantasma è detta una produzione inconscia della vita psichica, produzione che evolve con l’evolvere della configurazione psichica. Autogenerazione: “essere a se stesso il proprio ed unico generante”. Ma attenzione, lo stesso concetto di fantasma suscita un problema in questo caso; Recamier ricorre di fatto al concetto di fantasma – non-fantasma. La particolarità di questo fantasma di autogenerazione è quella di essere nella sua essenza e nella sua pretesa negazione e uccisore di fantasmi, di agire cioè nel senso di un processo di desertificazione psichica.
Quindi, il fantasma di essere a se stesso il proprio generante si basa su un diniego, il diniego delle origini e delle differenze, il diniego delle proprie origini (nega le premesse di base di ogni esistenza, quelle per cui la propria vita è dovuta ad altrui, e non è il risultato di una sola persona, ma dell’incontro di due persone).
Si manifesta attraverso la degradazione della vita fantasmica, la desertificazione, la vacuità e l’assenza.
Nell’ambito della famiglia, famiglia che presenta caratteristiche di blocco monolitico, invarianza, bozzolo chiuso, si regge sul segreto, e si incarna e si polarizza nel cosiddetto “figurante predestinato” (incarnazione del genio e dell’ideale di una famiglia autosufficiente, autogenerata). La patologia di tali famiglie si evidenzia nella confusione e nella intercambiabilità delle generazioni (o nella trasgressione delle differenze generazionali, di cui manifestazione estrema è l’incesto).
Sul piano individuale il risultato evidente nella psicoterapia è la difesa del transfert, l’incapacità di vivere una reale relazione di transfert.
P.C. Racamier descrive un processo tipico delle manifestazioni patologiche dell’Antiedipo, a cui aggancia le manifestazioni del delirio e del paradosso. Vediamolo.
La vacuità fantasmatica, di cui si è detto, si autoconserva contemporaneamente aggravandosi, fino a quando un qualche processo interno o esterno (tipicamente una pressione biologica attraverso lo sviluppo adolescenziale) produce un’incrinatura del regime autarchico famigliare: la famiglia reagisce serrando i ranghi, e all’interno di essa il membro più debole, appunto il “predestinato”, ne subisce il contraccolpo attraversando le fasi della crisi psicotica, e finendo per essere travolto nella catastrofe psicotica. Qui l’autore riprende le sue precedenti riflessioni sulla psicosi e il delirio, che dal 1956 in poi ha continuato a modellare e a sviluppare. Ma arriva in questo Antiedipo a proporre la sua tesi nuova e conclusiva del delirio come oggetto le cui origini sono attivamente denegate.
Al delirio egli si avvicina, come altra fondamentale manifestazione della patologia psicotica la paradossalità, o meglio le organizzazioni difensive e relazionali fondate sulla paradossalità, definita come “ciò che organizza circuiti psichici e relazionali le cui origini non sono ritrovabili”. (Il paradosso viene definito: “due proposizioni inconciliabili e inseparabili che rinviano indefinitivamente l’una all’altra senza mai scontrarsi”).
E tuttavia l’Antiedipo non è solo legato alla patologia né solo legato alla catastrofe – questo è un punto fondamentale nella concezione attuale dell’autore, che piano piano è andato evolvendosi dagli inizi, quando la scoperta dell’Antiedipo era sostanzialmente legata alle situazioni patologiche.
Sarebbe un assurdo equivoco pretendere di eliminare l’Antiedipo, (tanto quanto la pretesa di “risolvere” una volta per tutte l’Edipo). Anzi, l’Antiedipo cosiddetto “ben temperato”, è ciò che permette all’individuo umano di connettersi nella serie delle generazioni con il sentimento delle sue origini, cioè della sua unicità personale, ma con un senso di familiarità creatrice con il mondo che lo circonda, così che genitori e figli, uomini del presente e loro antenati si sentono “autori associati di una costruzione vivente e visibile”. E per tali ragioni l’Antiedipo è anche alle sorgenti della creazione artistica.
Infine, quali le vie della terapia? La via della terapia passa attraverso la posizione del terapeuta come “terzo osservante”, come chi sa essere presente (talora assumendo solo la posizione di ascolto) senza essere assorbito e senza essere estraneo e impermeabile, ovvero che sa identificarsi senza confondersi. L’interpretazione ha un compito privilegiato: operare il passaggio dal non-fantasma al fantasma, ovvero reintrodurre il registro dell’immaginario là dove si era perso. E ciò vale non solo per l’individuo, ma anche per la famiglia. Tanto più che in molte situazioni, l’unica via di avvicinamento possibile, per quanto più sopra è stato detto, è proprio la famiglia.

È ancora evidente che la capacità di identificazione senza confusione cui Racamier fa riferimento quasi di passaggio (appunto nel suo testo l’Antiedipo), richiede la flessibilità e adattabilità dei nostri meccanismi difensivi di terapeuti, la capacità cioè di identificarci e di disidentificarci al tempo stesso e la capacità di non lasciarsi irretire nei meccanismi di iniezione e proiezione e nelle modalità di ingranamento patologiche del paziente.
Tanto più quando il terzo osservante (ovvero il terapeuta) lavora con la famiglia, dove il gioco delle identificazioni proiettive si trasforma e si concretizza nella intricazione della paradossalità, e la conservazione della capacità di pensare, di mantenere la distanza sufficiente al proprio funzionamento mentale e a non essere trascinati a un ruolo e in un comportamento di collusione (perdendosi in coinvolgimenti e alleanze illecite secondo le richieste dell’una o dell’altra parte della famiglia) o al contrario di cedere al giudizio di esclusione e al distanziamento emotivo, costituiscono spesso la maggiore fatica ed esigono la più alta concentrazione di energie.
Inverare di significato una realtà, meglio dei brandelli di realtà (talora soltanto questi rimangono) che ogni significato hanno perso e che eventualmente sono stati travisati e trasformati dal diniego del delirio, è questo il compito psicoterapeutico “impossibile” del clinico operante nell’area delle patologie non nevrotiche.
Pretendere di dare una risposta adeguata attraverso il solo intervento psicoterapeutico diretto al soggetto sintomatico significa spesso rispondere alla megalomania del malato e al fantasma di autogenerazione della famiglia con una megalomania e un fantasma simmetrico nel curante. E spesso aprire la strada a un’ulteriore fallimento (o aggiungere un trofeo ai numerosi trofei di terapeuti già raccolti da certe famigerate famiglie la cui carriera è un glorioso e tragico itinerario da servizio a servizio a dimostrare la loro superiore inattaccabilità e inaccessibilità terapeutica). È molto importante, sottolinea Racamier, riuscire a riportare l’attenzione del paziente su quegli aspetti di vita e di quotidianità che nella sua ricerca esasperata della grandiosità hanno perso per lui valore e senso.
Vengono elencati per es. l’interesse per i dettagli; il vissuto corporeo; il gusto per le favole e le allegorie; le cure istituzionali (per i pazienti ospedalizzati e ospiti di comunità).
Occorre ancora poter sostenere il paziente nella sua dolorosa delusione allorché si trova confrontato con il ritrovato confronto con la sua limitatezza.
Occorre poter compiere, alla fine, un vero e proprio lavoro di ri-generazione: ritrovare cioè i propri antenati, forse riaccostarsi alle figure dei nonni (le uniche che talora hanno avuto un autentico rilievo affettivo per il paziente), ritornare alle proprie origini.

(1 )I termini in corsivo, come questo, rimandano a un concetto preciso della teoria di P.C. Racamier, vedasi la bibliografia e in particolare il testo Cortege.

Bibliografia

Ci si riferisce alla bibliografia nella scheda su Racamier, contenuta in questo stesso volume. Inoltre vedasi in specifico sull’Antiedipo le recensioni di G. Sacerdoti, sulla Rivista di Psicoanalisi, 1990, XXXVI, 3; e di G. Maffei sulla Rivista di Psicologia Analitica, 1990, 42. In questa sintesi si sono utilizzate parti dell’intervento di Clara Monari, L’Antiedipo: un nuovo concetto psicoanalitico e le sue implicazioni operative (Convegno nazionale sugli psicologi italiani, S. Marino 1991).

Nello sviluppo del concetto dell’Antiedipo si deve far riferimento per la sua nascita a una conferenza dell’autore alla Società Psicoanalitica di Parigi nel 1975 (Séduction narcissique, regrad objecytal et antœdipe), quindi in particolare al testo Gli schizofrenici per il suo significato nella patologia (p. 11-14, il mito; p. 38, prima definizione; p. 91-96, riferimenti teorico-clinici e bibliografici psicoanalitici: l’autore precisa che non esiste alcuna connessione all’Anti-Edipo di Deleuze-Guattari, e traccia connessioni con Donnet-Green, 1973 e Castoriadis-Aulagnier, 1975); quindi ad Artedipo per la sua specificazione nella teoria e nella clinica, e a”Il Genio delle origini “per una sua ripresa e applicazione clinica più recente in relazione alle problematiche psicotiche.

Vedasi inoltre l’ultimo testo dell’autore, Cortège conceptual, ed. Apsygée, Paris 1993, breve libro denso di concetti esplicitati con chiarezza ed essenzialità. In corso la traduzione italiana presso il Cerp.
Affascinante ed amplissima sarebbe la ricerca sulle connessioni e le diversificazioni con altre posizioni teoriche nella costellazione psicoanalitica (per es. le ultime tesi di J. Bergeret sulla violenza fondamentale), ma uscirebbe dai limiti di questa sintesi.