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Segreto

Paola Catarci

Interazioni n° 4 (1994)

Storicamente, la dimensione del segreto è introdotta in psicoanalisi dal processo ermeneutico, dallo svelamento di significato del sintomo. Il sintomo è il segreto, racchiude il conflitto inconscio che verrà svelato e connotato di senso dal lavoro interpretativo. Con l’affermarsi delle teorizzazioni legate al modello delle relazioni ogget tuali e gli sviluppi della psicologia del Sé, con l’affermarsi, potremmo dire, del nuovo paradigma epistemologico basato sullo studio delle relazioni e dei loro disturbi, il segreto va piuttosto a connotare una dimensione costitutiva del Sé, si articola all’interno della dinamica di differenziazione tra Sé e og getto, è uno stimolo allo sviluppo del Sé perché promuove la percezione di uno spazio interno, separato e differenziato, che permette di discriminare tra parti del Sé e parti dell’oggetto. In quest’ottica la dimensione segreta può essere considerata presente lungo tutto il ciclo vitale. Winnicott è l’autore che può aiutarci a definire l’ambito e l’uso del con cetto, che per altro egli utilizza nella discrezione del Vero Sé, considerato segreto e inconoscibile per lo stesso soggetto.
Nel commento ad un passo dall’autobiografia di Jung, Winnicott afferma: “Quando Jung mentì delibera tamente a Freud egli divenne un’unità con una capacità di nascondere segreti invece di essere una personalità scissa senza un posto dove nascondere alcun ché” (1964). Winnicott si riferisce qui alla seduta dell’analisi di Jung con Freud all’interno della quale, nell’associare ad un sogno, per compiacere Freud e la sua teoria dei desideri inconsci di morte, Jung associò mentendo deliberatamente. Winnicott vede quella bugia come momento costitutivo del Sé, Sé capace di mantenere un’area segreta. In un saggio del 1963, sulla comunicazione, Winnicott esplicita il senso del segreto, inteso come area del Sé. Fa una differenziazione tra il semplice non-comunicare, equiparato ad uno stadio di riposo, ed il non-comunicare attivo o reattivo.
E all’interno di questo processo comunicativo che egli vede la possibilità di strutturare, in una condizione di ritiro clinico, “…la comuni- cazione silenziosa o segreta con oggetti soggettivi, che apporta un senso del reale, e che deve periodicamente ricomparire per ristabilire l’equilibrio”. Secondo Winnicott la possibilità per la persona di strutturare una dimen sione segreta della mente va di pari passo con l’affermarsi della capacità di essere solo, situazione che egli colloca geneticamente nel rapporto con la madre, al cui interno può poi scaturire, dall’esperienza di essere solo in pre senza di questa, quella di essere solo de facto, attraverso: “la consapevolezza che il bambino ha della continuità dell’esistenza di una madre attendibile, la cui attendibilità rende possibile al bambino di essere solo e di godere del pro prio essere solo per un tempo limitato”. Questa teorizzazione riporta alla relazione diadica con la madre la genesi della capacità di essere solo e quindi il costituirsi come un’unità, capace di mantenere segreti.
Ne scaturisce una qualità paradossale della dimensione segreta del Sé: tro viamo al suo esordio una condizione duale, che darà poi luogo a qualcosa di intimo, unico e personale. E la dialettica dello sviluppo della mente umana dove attribuzione e condivisione di senso con l’altro vanno di pari passo con lo strutturarsi del mondo interno, delle fantasie, ecc.
Nel corso del primo anno di vita assistiamo ad un continuo dialogo tra una condizione di condivisione di stati d’animo, esperienze, emozioni (quella che i teorici della psicologia dello sviluppo chiamano l’area dell’intersogget tività) e l’elaborazione personale che di queste esperienze il piccolo umano va facendo. Il segreto, la capacità di mantenere un’area segreta, favorisce lo strutturarsi di una dimensione separata, e viene visto come la capacità del piccolo umano di situarsi vis a vis la madre, all’interno della relazione e contemporanea mente come osservatore di questa.
In una acuta descrizione dei primi passi di un bambino (da Emde e Sameroff 1991) c’è invece tutta la qualità paradossale e complessa della di mensione segreta. Il bambino viene descritto mentre muove i primi passi, con la madre che si tiene abbastanza lontana da non poterlo sostenere mentre però gli tende le braccia. “Con gli occhi fissi sul volto della madre, come per rassicurarsi del suo sostegno, il bambino ha il leggero sospetto che nello stesso momento in cui sottolinea il suo bisogno di lei, sta dimostrando che può farne a meno, perché sta camminando da solo”. È la dialettica tra condivisione e personalizzazione, processi che pur na scendo entrambi da una matrice diadica concorrono a formare l’individuo adulto, separato.
Così il segreto, o meglio la dimensione soggettiva di un’a rea segreta del Sé viene a porsi come momento strutturante la separazione, l’uscita della confusione Sé-oggetto la testimonianza di uno spazio separato che permette di contrapporsi all’altro. In adolescenza, dove troviamo predominanti processi di separazione dalle figure genitoriali, il bisogno di segretezza, teorizzato da Novelletto (1992) come peculiare della fase, acquista in quest’ottica una valenza relazionale. Non a caso gli adolescenti, creando segreti, desiderano anche che essi ven gano scoperti, e che la anch’essa peculiare di questa fase, ripropone la crea zione e la ricerca dei propri limiti, così come delle proprie potenzialità e qua lità segrete. In altro campo si sviluppa invece la ricerca di Zapparoli (1987 e 1992) che fa delle coppie tradimento-paranoia, psicosi-segreto, i cardini di una specula zione sui processi all’opera in gravi stati paranoidei, dimostrando come il segreto rappresenti per lo psicotico, così come per il curante, l’area di una possibile negoziazione della necessità di questi di negare la propria condizione di bisogno.


Bibliografia

  1. Emde e Sameroff (1991), I disturbi delle relazioni nella prima infanzia, Bollati Boringhieri, Torino.
  2. Novelletto A. (1992), Psichiatria psicanalitica dell'adolescenza, Borla, Roma.
  3. Winnicott D.W. (1963), "Comunicare e non comunicare, studio su alcuni opposti", Sviluppo Affettivo e Ambiente, Armando, Roma (1970).
  4. Winnicott D.W., "La capacità di essere solo", Sviluppo Affettivo e Ambiente, Armando, Roma (1970).
  5. Winnicott D.W. (1964), "Review of Memories, Dreams", Reflections International Journal of Psychoanalysis, 45.
  6. Zapparoli G.C. (1987), La psicosi e il segreto, Bollati Boringhieri, Torino.
  7. Zapparoli G.C. (1992), Paranoia e tradimento, Bollati Boringhieri, Torino.